Denigrare a cuor leggero

Cara Annarosa,
mi ripromettevo da giorni d’inviarti una letterina. Oggi – dopo la proclamazione del nuovo consiglio regionale - rompo gli indugi. Il 21 di novembre, nel rispondere alle questioni poste da Raffaello Bosco, scrivi: “Che devo aggiungere alla sua lettera, signor Bosco … Le contraddizioni sono tutte nelle sue non retoriche domande. E nelle facce (toste) dei soliti noti (i Nucara, i Belcastro, i Magarò), i veri rottamatori della speranza (…)”.

Da quando sei divenuta così ossequiosa nei confronti dei lettori e in particolare di quelli col tic della lettera alla redazione? Come mai non sei un pizzico sospettosa nei confronti di una premessa neutrale assolutamente non richiesta e non necessaria (“Non sono né di destra, né di sinistra”)? Stai invecchiando? Per stare sul calco di quella di Raffaello, dovrei precisare che chi ti scrive oggi è di sinistra, tipologia malpancista, con formazione radicale e socialista, eppure molto dispiaciuto per la mancata rielezione dell’ex presidente della commissione contro la ‘ndrangheta. Che tu, con nonchalance, hai accostato ad altri due politici di cui so poco ma che credo non ci azzecchino niente con Salvatore Magarò. S’intende che la colla del treppiede era vinilica, specifica per cambi di casacca, ma si tratta di storie e di persone lontanissime tra loro. Paolo Guzzanti, nella prefazione al libricino che Magarò va presentando da diversi mesi in quasi tutti i comuni calabresi, a proposito dei bocconi amari dei socialisti è molto preciso: “… un’antica diaspora che, come il popolo dei Maya, è finita quando sono finiti i sacrifici umani per mancanza di materia prima. Siamo rimasti per strada storditi, senza casa ma persino più forti e magari scegliamo anche case che secondo le tradizioni dovrebbero essere considerate interdette”. Qual è il capo d’imputazione per Magarò (che oltretutto è uno dei pochissimi con la fedina penale pulita)? Di essere soccombente dinanzi ai signori delle tessere del PSI locale, di aver creduto per un momento, incautamente e ovviamente pentendosene, nell’energia e nel decisionismo del giovane Scopelliti? Mai aderendo ad altro partito, professandosi sempre e comunque socialista, cercando di portare a casa qualcosa in più rispetto al poco o niente della giunta Loiero. Basterebbe dare un’occhiata a quasicento.blogspot.it che raccoglie quasi tutte le iniziative e i disegni di legge dell’ultima consiliatura. Una specie di battitore libero, che ha a cuore le questioni della trasparenza e della legalità. Strutturalmente disubbidiente, sai quante volte ha votato contro gli obbrobri della giunta di centrodestra? Eppure leale, che ha sofferto fino alla fine il vincolo dello schieramento che comunque lo aveva eletto. Della questione sono edotti e ne danno testimonianza Mario Oliverio “Magarò aveva da tempo preso le distanze”, lo stesso Scopelliti e anche Boselli che è arrivato a Castiglione Cosentino per la chiusura della campagna elettorale. Niente tessere, ombrelli protettivi, alleanze, autonomiste o da “responsabili”, niente viaggi a Roma o ad Arcore, niente “Bellusconi”, zero sottobosco spartitocratico. Sulla questione sono sufficientemente informato, da quando l’assessore Machì fu dimissionata dall’illuminato (per ora solo nel senso delle luminarie natalizie) sindaco di Cosenza che continua a fare l’equilibrista su una corda di cencellismo tra partiti e correnti che non esistono più o che cambiano continuamente o che gliela torcono mentre è impegnato nella performance.  La cosiddetta società civile è un ingrediente necessario in campagna elettorale, poi al primo scossone si capisce che era tutto un artificio retorico e che la Realpolitik è governata dall’inciviltà e dagli squali. E per fortuna Magarò non lo è.
Vedi Annarosa, credo tu l’abbia conosciuta all’Aria Rossa nella vecchia casa di campagna di Giacomo Mancini, Machì è quasi come Macrì, viene meno solo una erre. Mentre Nucara, Belcastro e Magarò hanno forse solo una erre in comune. E’ questione di piccolissime differenze, di animaletti impalpabili che da Saussure in poi si son chiamati significanti. Eppure la distanza è siderale. Che diresti tu se distrattamente ti accomunassi agli standard familistico –professionali del TG3 Calabria? Ovviamente, non sei stata la sola a tagliare corto e a praticare il misconoscimento: sei in buona compagnia.

C’è incappato il bravo Antonello Caporale, a cui qualche sentinella locale aveva riferito che il presidente della commissione anti-ndrangheta spendeva denaro pubblico in gadget costosi. Quando si trattava di venti orologi da parete (in foam, sai quella specie di polistirolo che non fa i pallini?), pensati con gli studenti nel laboratorio di Comunicazione non convenzionale dell’Unical (negli anni in cui ancora avevo un contratto d’insegnamento), per ricordare le stragi di Capaci, di via D’Amelio e di Campo Calabro, e ovviamente pagati dallo stesso Magarò. C’è incappato il mio amico Eugenio Furia e di recente anche Romano De Grazia. Quest’ultimo è recidivo, non è la prima volta che fa del sarcasmo: “quello che distribuiva pillole antindrina senza specificare se andassero prese prima o dopo i pasti”. Difficile spiegare al serio magistrato il senso di una provocazione utile a discutere coi ragazzi nelle scuole, di un approccio umoristico per questioni maledettamente serie e decisive per il futuro della nostra regione. A patto che ne abbia uno. Ma con te è diverso. Non ci sono che differenze. E con te non potevo non essere esigente.

Massimo Celani, Cosenza

"Il giornalismo che pungola chi rappresenta il potere"
Lettere a il Quotidiano del Sud, sabato 13 dicembre 2014

segue risposta di Annarosa Macrì


Eccola qua, grondante di amichevole veleno, la tua lunga e articolata
letterina, caro Massimo. Non ne ho, amichevolmente, buttato via neanche
una goccia. Sai, io ho un piccolo pregio: morirei perché chi non la pensa
come me possa esprimere le sue idee. Ma ho anche un grande difetto:
morirei se non potessi esprimere le mie, di idee. E l'ho sempre fatto,
giocandomi benevolenze e piccoli poteri, favori e piccole carriere. Sai,
non ho altro, caro Massimo, che la fedeltà assoluta, a pochi valori
fondamentali. La coerenza è tra questi. E ho sempre diffidato dei
voltagabbana, dei trasformisti, dei camaleonti. E soprattutto di quelli
che saltano su una altro carro, che è sempre, guarda caso!, quello dei
vincitori, chiunque essi siano!, convinti di essere indispensabili alla
causa, a prescindere ... ma scherziamo? Neanche parlassimo di Churchill
... Ma che lotta antimafia vuoi fare in un Consiglio di cui fai parte
decimato dalla Magistratura, anzi ospitato nelle patrie galere, per
connivenza mafiosa? Ammetti che hai sbagliato a sceglierti la compagnia e
stai fermo un giro, per decenza! Io la penso così, caro Massimo. 

Ho detto e ho scritto che la debolezza di Oliverio stava nell'aver imbarcato
reduci e pentiti e ne sono ancora convinta, anche se tatticamente, è
evidente, ha avuto ragione lui: si è beccato i loro voti, ma non le loro
teste, kaputt, i calabresi le hanno fatte fuori. Insieme, per restare al
nostro eroe, ai "paccheri alla 'ndrangheta".
Vedi, caro Massimo, io non so (anche se un sospetto ce l'ho) chi sia il
creativo che li ha inventati, e soprattutto non so quale sia la ricetta
giusta contro la 'ndrangheta. Ma so con certezza che non era la deliziosa
caponatina alle melenzane con cui ho condito il mezzochilo di cui dal
Nostro fui omaggiata sentendomi, mangiandoli, come l'incauto che butta
coriandoli sulla Croce Rossa ... Ah, 'sti creativi! ... per una "erre"
(Macrì-Machì ... battutona!) tirano in ballo pure le mogli ...
assolutamente fuori luogo, caro Massimo, alla lettera ... perché al di là
della confluenza tra il Crati e il Busento, mi spieghi, tu che di
comunicazione te ne intendi, come faccio a spiegare al resto dei
calabresi di (ma)chì stiamo parlando? E poi, caro amico al veleno, fai il
difensore d'ufficio (perché, per chi?) di un, diciamo così, potente e dai
addosso a un tapino di lettore - che io naturalmente non conosco, non ho
mai visto, non so chi sia - che si definisce "né di destra, né di
sinistra" e che per questo dovrebbe insospettirmi? La differenza tra te e
me è proprio questa: che tu te la prendi con chi non conta nulla; io, in
questa rubrica e nella vita, per un antico difetto di fabbrica, con chi
rappresenta, o vorrebbe rappresentare, il Potere.


So che non c'è possibilità di replica a una replica. Di seguito è quanto, un po' deluso, ho inviato ad Annarosa via e-mail

«Li trafiggerò d'ironia — mi dicevo — mostrerò loro che certe malattie di distinzione sono pallidi giuochi lunari in un antico specchio usato; che quello che loro prendono per il destino non è che un frammento d'antologia ...

(Giuseppe Vannicola, Il veleno, Sellerio, 1981)


Per la verità non ho mai pensato potesse risultarti "grondante di amichevole  veleno". 

E chi le ha lette, la mia e la tua, convergeva sul 

fatto che velenosa era piuttosto la tua replica. Non essendo un panel 

test, né scientifico né tanto meno neutrale (tutti parenti a amici del 

sottoscritto), mi astengo. Mi astengo pure sull'ondivaga consacrazione 

della coerenza: Salvatore, basito, mi raccontò che eri ben lieta di 

accettare gli inviti per "i libri nel sagrato" e che con lui sei sempre stata molto cortese. 

 Eppure era già un ex-socialista, un voltagabbana. Ho spiegato all'ingenuo che il reato 

davvero insopportabile è quando tu ritorni nella casa madre (ammettendo che questo centro-

sinistra gli somigli un po'). Perché sarai pure volterriana sul rispetto 

delle idee diverse dalle tue, ma stai pure con Peppone nel caso di 

traditori della patria. Ho faticato non poco a spiegare a Magarò quel tuo 

remoto e perentorio e amichevole invito, da te indirizzato su Paese Sera a Smagliature 

(vale a dire a Marcello e a me), a osservare "la giusta faccia della 

realtà". Mi auguro che tu possa ancora sorridere di una umoristica citazione 

d'archivio. Chioserei - lo feci anche all'epoca: una coerenza "cosmetica". 

E non che l'estetica non sia influente, il passaggio con la lista 

Scopelliti fece rabbrividire anche me. 

La moglie non c'entra: condivido, è di cattivo gusto e diosolosa quanto Marina mi odi 

quando la tiro in  ballo. Ma era un buon paradigma e ti forniva un assist, un Ndr che tra 

parentesi spiegasse quanto un episodio di malapolitica municipale fosse 

collegato alla scala sovracomunale. Malcostume che continua ancora oggi. 

L'ultimo della serie è quell'assessore costretto alle dimissioni perché 

il suo referente regionale, Gianpaolo Chiappetta, è stato trombato (ma 

chissà perché i giornali non ne parlano e fanno finta di credere ai 

motivi familiari addotti). So benissimo che la Machì e la sua brevissima 

esperienza di amministratrice è sconosciuta ai più, salvo che al bar 

delle calabro-lucane (e solo perché abbiamo abitato lì nei pressi). Hai 

solo perso un'occasione, e in questo sono stato più ingenuo che perfido, 

per chiarire un passaggio oscuro, al limite da cronaca locale, non certo da pagina 

regionale. Il senso credo ti sia chiaro: Marina è stata un'invenzione, un suggerimento di

 Magarò, un curriculum fatto recapitare a Occhiuto. Non di certo un potente che designa. 

L'episodio serviva anche a datare lo strappo con Scopelliti, che non è certo dell'ultima ora.

Vuoi sapere "perché, per chi" faccio il difensore d'ufficio? Vecchio vizio dietrologico: la

 risposta è in superficie, visibile a tutti, evidentissima. Perché sono perennemente "dalla 

parte del torto" (credo che in questo caso il creativo fosse Pintor). E' solo perché Magarò è 

stato trombato. Ho tanti limiti ma mi ripugna salire sul carro dei vincitori. 

In conclusione, la tua fantasmatica del potere fa un po' ridere. Magarò imago del potere? 

Ma dai! Sarà che lo conosco da più di vent'anni, ma come mai non pensi alle telefonate fatte 

dalle infermiere, per conto di Ennio Morrone, alle famiglie delle pazienti e dei vecchi assistiti 

nelle sue cliniche. 

Come mai non hai curiosità di sapere i risultati di quei seggi elettorali, intra e extra moenia? 

Come Furia (nel senso di Eugenio), è forse più semplice tuonare contro le brave persone 

(quelli che hanno studiato direbbero forse "ireniche") piuttosto che mettersi di traverso ai 

caterpillar locali. 

Un ultimo punto, sul quale ammetto un piccolo tranello. Tu non conosci Raffaello Bosco. Io 

sì. E' nu bravu guagliune, come me disoccupato, solo con qualche anno in meno. 

Sopra e sotto nella stesso condominio, abbiamo chiacchierato tutti i giorni per circa due anni. 

Figurati se intendevo prendermela con lui. Gli spiegherò che il punctum non erano le sue ingenuità, 

di chi pour cause prova a non guastarsela con nessuno, ma la tua demagogia e il tuo discredito 

a cuor leggero. 

In fondo ti avevo scritto solo per questo: il tripode Nucara, Belcastro e Magarò non sta in piedi. 

Credo che nemmeno si conoscano. Come è giusto che sia: i primi due sono parlamentari, ex vice-

ministri e ex sottosegretari, spericolati manovratori, perenni stampelle del Berlusca. 

Salvatore invece ... ma mi rendo conto che documentarti sarebbe chieder troppo (quasicento.blogspot.it) .

Machì/Macrì era solo un escamotage per esortarti a differenziare. 

Nella microfisica del potere non credi che la tua rubrica abbia un ruolo? 

Soprattutto quando usi la lingua "mache". Diverso - sto citando Barthes a braccio - è il caso dell'akolouthia, 

il corteo degli amici. dei passanti. La ragione per cui, almeno il più delle volte, scrivo.  Il potere più spesso lo 

subisci (tra mobbing interno e sindacati pilateschi), a volte lo eserciti e  - al confronto - Magarò non conta una 

mazza. Mi appello a quell'antico e nobile difetto di fabbrica che dici di avere.



PS
i paccheri non sono farina del mio sacco. Non solo, è un gadget che nei limite del possibile ho contrastato. In allegato trovi qualche esempio meno naif


(photo: Claudio Valerio)

PPS
vorrei far circolare tra gli amici le due letterine. Se m'invii la tua in formato word mi eviti di riscriverla. In tal caso, grazie in anticipo. 

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