Una lettera privata al direttore di Calabria Ora (Paolo Pollichieni)

14 agosto 2009


Cara B. (capo-redattore dell'epoca),
giuro che di Crupi non mi frega nulla e comunque ognuno è libero di scrivere quello che gli pare.
Il problema è che mi stanno segnalando anche interventi su Facebook e mi sa che la questione monterà.
La cosa più brutta è il titolo. Immagina se fanno un attentato a Minervino...
Non t'immagini le e-mail che mi sono arrivate.
Ovviamente anche quelle di Caterina Provenzano e Mauro Minervino, che hanno però deciso di non rispondere (ovviamente si attendono che lo faccia qualcun altro).
"Condoglianze da S.Luca" non va bene. E' di una gravità inaudita e secondo me non è il caso di sottovalutare la questione.
Ti prego di parlarne con Paolo e/o di girargli questa mia. Insieme agli auguri di buon ferragosto.
Ciò che t'invio è strutturato in modo che martedì escano i due pezzi + un terzo (di scuse o comunque di chiarimento) del direttore.
In tal caso, potrei rimaneggiare e ammorbidire il mio.
Scusami per la rottura di palle ferragostana
Massimo


Titolo, da precisare (I)
di Pierluigi Pedretti

Si può scrivere di fioretto o di sciabola. Pasquino Crupi, intellettuale di fama nonché   importante collaboratore di Calabria Ora, sceglie la seconda, alternandola alla mazza ferrata. Leggere per credere (“Un capolavoro di scrittura sudicia, che provoca nausea non soltanto per la totale falsificazione della realtà, ma anche per l’assenza di qualsivoglia impianto storicistico”). Lo stile a volte è tutto. Non ha letto il libro La Calabria brucia di M.F.M. (su cui ha scritto parole importanti Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera) eppure lo giudica (implicitamente) solo sulla base dell’estrapolazione di un breve brano su S.Luca (“un paese brutto, spaventosamente brutto…”), apparso insieme alla recensione della “corriva” C.P. sulla pag.3 di Calabria Ora del 12 agosto. Da collaboratore culturale del giornale e lettore del libro di MFM sono rimasto allibito dalle parole usate da Crupi.  Non mi pare che il paolano ignori la storia della Calabria e lo sfruttamento subìto da parte dei “ceti dominanti” delle popolazioni calabre, così come non ha nessuna intenzione di criminalizzare e insultare gli abitanti del paese aspromontano. Pone problemi e riflessioni, invece, a tutti i calabresi onesti, compresi quelli di S. Luca, che sono la maggioranza, troppe volte silenti sulle emergenze della nostra regione. E spesso per paura. Come può scrivere Crupi (Calabria Ora, p.9 del 13 agosto) che  MFM e CP “il paese non lo hanno visto neppure in cartolina” per poi affermare che “quell’architettura è l’architettura di tutti i paesi degli emigrati, i quali costruiscono dove possono e come possono le loro cose, necessariamente arrampicate in collina e dirupi come le capre“. Di chi le responsabilità, allora? Politici, ‘ndranghetisti o emigrati?
p.s.
Lo stesso giorno due notizie che dovrebbero far riflettere sono apparse in contemporanea all’invettiva di Crupi.  La prima riportata e commentata da tutti gli organi di informazione (anche su Calabria Ora, addirittura nella stessa pagina della lettera del reggino), dice che, secondo i dati dell’ufficio anticrimine tedesco, in Germania sono operanti decine di cosche calabresi con 967 affiliati, di cui 206 solo di S. Luca. La seconda notizia è apparsa su Repubblica. Paolo Rumiz nel suo reportage di viaggio nel Sud, giunto in Calabria, scrive:  << In mezzo a tanta omerica ospitalità, puoi imbatterti in isole “off limits”, ma se ti avvicini rischi una fucilata. A Badolato Marina meglio stare guardinghi: ignoti hanno svaligiato intere comproprietà in un’operazione dai chiari risvolti immobiliari>>. Se S. Luca ha Crupi, chi scriverà in difesa di Pimè o Badolato? E, infine, che dire del titolo della lettera di Crupi (“Condoglianze da S.Luca”)?

Titolo, da precisare (II)

Questi titoli sono una citazione da una famosa conferenza di Jacques Derrida. Giusto per prenderla da lontano e dal versante nobile. “Condoglianze da S.Luca” è un titolo e – come tutti sanno – in un quotidiano non è detto che sia dell’autore. Chi scrive, ad esempio, titola i pezzi della pagina che cura, questa. Il titolo “Condoglianze da S.Luca” mi sembra mostri due versanti. Il primo: è un bel titolo, nella sua icasticità e per il ribaltamento che inscena, essendo quel paese troppo spesso destinatario di condoglianze.
Il problema è che il titolo non troneggia nel nulla ed è seguito da testo. Quando alcune di quelle porzioni di testo additano un altro autore (s’intenderà la cautela che mi fa evitare il nome per esteso) come un mascalzone, un sicofante (insomma un delatore) e ci si riferisce a quel libro che si ha la pretesa di stroncare senza averlo letto come a “Un capolavoro di scrittura sudicia, che provoca nausea…”, quel titolo diventa un avvertimento mafioso. Molto, ma molto pericoloso.
Sono certo che il secondo senso, che pur instaura con il testo a seguire – vale a dire una lista di improperi - una pericolosa isotopia, sia scappato di mano all’autore (del titolo).
***
Corrivo: aggettivo. Facile a lasciar correre, a concedere, a tollerare: è troppo c. con i figli
estens. Che dimostra facilità a lasciar correre: la sua corriva condiscendenza
SIN. condiscendente, indulgente.
A chi scrive – tra i tanti difetti - non credo si possa indirizzare un tale epiteto. Tanto meno ai collaboratori di questa pagina. Ai quali va la mia più sentita solidarietà. Non le mie scuse, giacché mai mi è capitato di ospitare la dotta arroganza del prof. Crupi.

Massimo Celani

(ovviamente niente di tutto ciò verrà pubblicato. Nel frattempo il direttore ha pensato bene di aprire un dibattito tra due intellettuali di generazioni diverse. Togliendomi di fatto la curatela della pagina. 
Il dibattito ovviamente non c'è stato. Non c'erano i presupposti).






18 agosto 2009



Gentile direttore,
Freud usava dire che l’io non è padrone in casa propria. Non so se per questo possa definirmi freudiano ma sono 53 anni che registro una radicale impadronanza (della lingua come di una professione), una strutturale inappartenenza. Non sono giornalista e nemmeno pubblicista, non sono un pubblicitario, non sono uno psicanalista e nemmeno un docente universitario, non sono un sacco di cose che ho studiato e che ho timidamente praticato. Non sono nemmeno – per dirla alla Crupi – un intellettuale vegetariano. Quella intellettuale è una funzione, non una professione; quanto alla seconda parte del sintagma, purtroppo ancora non mi sono del tutto tolto il vizio di mangiar carne. Convivo da sempre col dubbio, l’incertezza e la precarietà. Farmi passare per arrogante e per uno che spadroneggia fa un po’ sorridere: non sarà mica che il bue chiama cornuto il ciuco? Pur essendo empaticamente vicino all’etologia canina (sapevi che l’anagramma di “celani” è “canile” ?) non piscio per delimitare il territorio. Complice l’età, qualche acciacco, la padellata che ho preso a natale, l’ipertensione e i diuretici, mi capita di far pipì un po’ dappertutto e spesso in campo aperto, magari pure in qualche blog. A Parigi, di recente, l’ho fatta in un giardinetto con sommo imbarazzo e chiedendo scusa agli astanti. L’incontinenza non è una metafora, mentre a te – a leggere il tuo editoriale di oggi - sembra che usi farla fuori la tazza. Non amo i box, i recinti, i canili. Sto sempre con un piede fuori dalla pagina e dal giornale che mi ospita. E sottolineo ospita. Credo infatti che la scrittura (come anche la lettura) siano questione di ospitalità. Se ho scritto da qualche parte, non sul giornale, che ora esatta è una pagina “decrupizzata”, l’ho fatto con umorismo (merce assai rara negli umani cortili) sul calco del paese “deleghizzato”. Per dire comunque una cosa vera: Ora Esatta non ha mai ospitato un intervento del prof. Crupi. Eppure è un campo aperto, non ricordo di aver cestinato niente di ciò che è pervenuto per via telematica, il più delle volte senza nemmeno conoscere gli autori, dal primo giorno di uscita del giornale. Al contrario, suppongo che al prof. Crupi non piaccia ora esatta e comunque la mia curatela. Diversamente non mi avrebbe attribuito – anche se indirettamente – una qualche forma di sussiego nei confronti di Minervino. Sono ateo, non credo all’ostia consacrata, ma credo che a Minervino, come a Caterina Provenzano, a Luigi Sorrenti (...) e pure a me si debba una qualche forma di rispetto. Sembra che tu voglia attribuirmi una qualche “crudele malignità” nel “caricare di significati sinistri lo scritto di Crupi”. Sbagli, sei impreciso, ho obiettato qualcosa a un titolo “condoglianze da San Luca” che instaura col resto del testo (“un capolavoro di scrittura sudicia”, etc.) una pericolosa isotopia. Proprio alla luce del lavoro non sociologico ma di cronaca che giustamente tu hai oggi rivendicato con orgoglio. Non mi sembra un eccesso ermeneutico ma semplice pragmatica della comunicazione.

Concludo. Come ricorderai ci siamo conosciuti in un’aula universitaria. Lì ho messo in scena una pazienza e un garbo che non mi sapevo e sono stato a sopportare praticamente senza reagire quasi due ore di tracotanza tue e di Oliverio Toscani. In quell’incontro c’è l’inizio e pure la fine della nostra collaborazione. Una fine che sappiamo entrambi sarà sancita – scusami la parolaccia – Nachträglichkeit, come effetto di posteriorità, come il futuro che interroga il passato.
Altrimenti detto: ho la pressione alta, devo star tranquillo, ho già provato quest’inverno a farmi fuori. Evidentemente nei miei stessi confronti sono molto più critico di te e di Crupi messi assieme. Per questo motivo non sopporterò altre insolenze – come dire – provenienti da un esterno così poco amichevole. Di inimicizia ne ho dentro di me a sufficienza. Basterà un fischio, una e-mail, e lascerò immediatamente o – poiché ho la gentilezza nei cromosomi - anche nei tempi che riterrai più opportuni.

Ti saluto
Massimo 

Cosenza, 18 agosto 2009


Questa lettera la inviai ai due caporedattori dell'epoca, con preghiera di girarla al direttore.
Per due semplici motivi: non volevo sporcare il mio account, mi andava di informare della questione la redazione.
Dopo qualche giorno mi arrivò una telefonata dalla segreteria di Calabria Ora che mi comunicava l'interruzione del rapporto. Da contratto (a progetto) sarebbe bastata una comunicazione scritta con un mese di anticipo. Nemmeno quella, per i dominatori dell'universo.
Dalla redazione poi - come suol dirsi - un silenzio assordante.
Solo gli "orariesattici", vale a dire gli amici che nel tempo hanno gratuitamente contribuito a riempire quella pagina, provarono a protestare. Ma anche di quelle testimonianze sul giornale non c'è traccia. 

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